Tessere in ceramica policroma    2000 / 2001     pag.4                             

Dalla Personale "Libera l'Artista che è in te" - Galleria delle Arti Contemporanee - CASERTA - anno 2001

testi di Flavio Quarantotto e MariaRosaria Arena

Dare sfogo alla voglia di disegnare, di comporre architetture e forme liberamente,seguendo l'estro del momento,senza altri pensieri. Lasciare che il visitatore giochi con le tessere di un mosaico da inventare, dimenticando l'autore dei materiali per appropriarsi del suo lavoro ed entrare in gara con lui. Questo lo scopo della mostra. E' una provocazione bonaria, un invito, anzi, aperto a tutti, che ammette imitazioni e contaminazioni: non c'è copyright.
Una mostra serve all'artista per rendere pubblico il suo lavoro,per misurarsi con la critica e la ricerca,per verificare la capacità comunicativa del suo linguaggio:questa volta serve al visitatore per aiutarlo a farsi a sua volta autore,con la facilitazione (o il limite?) di disporre di materiali preelaborati, disposti da ogni ulteriore manipolazione. Il risultato è la negazione del risultato: sarà sempre possibile un successivo intervento che distribuisca le tessere in altro modo, secondo altro schema, secondo l'intenzione dell'artista che si nasconde in ciascuno,e che se non sa esprimersi con segni suoi, può adoperare, per comporre un pensiero nuovo, parole già dette, disegni già abbozzati.
La Galleria delle Arti Contemporanee è un laboratorio,prima che un luogo di esposizioni:lo è anche in questo esperimento che per riuscire vuole la complicità di tutti, come in un gioco a parti invertite, perché qui l'opera la fa e la conclude il visitatore.
Prof. Flavio Quarantotto     Assessore alla cultura

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Lessico d’arte.   Il sogno, la visione, anche la tragedia, si definiscono con la condivisione di regole, di un’etica e di un immaginario; attraverso questi strumenti si configurano le immagini del possibile, anche quando questo possibile trascende i confini del reale e del realizzabile: esiste perché qualcuno lo può pensare, lo può rappresentare, lo può descrivere.   Nella sfera del visibile le immagini sono le cellule di un vocabolario condiviso dell’immaginabile: quanto di questo sia cultura e quanto sia un archetipo umano è ancora un pensiero controverso.    Nei suoi lavori recenti Pontillo indaga le forme-base dell’immaginario, che assumono lo spessore e la concretezza della materia attraverso la ceramica, che dà forma e colore, lucentezza e opacità. Le immagini morbide gradevoli accattivanti rimandate dai suoi elementi di ceramica realizzano gli elementi minimali di un lessico riconoscibile, utilizzabile da chiunque, proprio come le parole che fin dalla scuola ci hanno insegnato ad usare per comporre i primi semplici pensieri. Le parole però non si vedono, e le immagini danno una suggestione diversa: rapprese in oggetti di ceramica lucidi, colorati, da toccare e accarezzare, contengono in sé non solo il concetto ma anche le contrastanti sfumature. Un cavallo è bellezza, è libertà, è potenza, è violenza…. Forse da ora in poi lo sarà anche un aereo, e le sue ali saranno lucide e taglienti come coltelli, un grosso oggetto estetico, potente e terribile, capace di trasformare il grigio dell’acciaio nel rosso del fuoco di un’esplosione; né buono né cattivo in sé, tutto dipende dal contesto.   La concrezione dei concetti-base - archetipi di junghiana memoria – in oggetti-scultura e in visioni impressionate su piastrelle come scatti della mente su una pellicola, gioca conciliando le tecniche della psicanalisi con le tecniche della composizione pittorica, e lo fa semplicemente, senza forzature né retorica. E’ un fiume in piena, le immagini si moltiplicano, acquisiscono sfumature sempre diverse e contrastanti, tessere di un domino infinito. Ancora più ampio è lo scroscio delle immagini sulle piastrelle: monocromi, segni elementari, paesaggi e figure dipinti con la leggerezza del tocco di una grafia orientale, oppure incistati in forme a rilievo. E non basta, l’artista non è contento, chiede aiuto: “raccontami il tuo sogno, io lo trasformerò in immagine”, dice.   E’ un invito a liberare la mente, a pensare il pensabile e l’impensabile, ma è anche un riferimento a 360° al decorativismo, dal primitivo al raffinato, dall’artistico all’industriale, senza pregiudizi e senza aura.   L’oggetto finale è un oggetto artistico perché è composto con pezzi d’artista, ma anche perché è pensato con volontà artistica da chi lo fa, da chi mette assieme le tessere con le immagini, perché la tecnica compositiva utilizzata è semplice e riproducibile, popolare e non aulica ancorché utilizzi oggetti d’arte, ovvero oggetti prodotti con intenzionalità, tecnica e professionalità da un artista: Pontillo.             Ma qual è l’estrema conseguenza di questo gioco per l’artista?

La mostra si divide in due parti. Nelle “tele d’artista” Pontillo sperimenta il proprio immaginario con l’utilizzo dei prefabbricati ceramici; qui l’oggetto ceramico è il sostantivo del pensiero e la tela dipinta, con le sue immagini e i suoi colori, l’insieme delle aggettivazioni. C’è poi il “gioco dell’arte”, il flessibile nastro sul quale si svolgono le innumerevoli tessere che il pubblico, trasformatosi – spesso suo malgrado – in artefice, può utilizzare per realizzare composizioni, reali o anche solo pensate e immaginate. (Provate a resistere alla tentazione di visualizzare un vostro pensiero attraverso le suggestioni delle tessere…!!!. E se il Signor A, utilizzando le medesime tessere del Signor B compone un pensiero d’amore lì dove il Signor B compone un pensiero di orrore e di angoscia nulla di strano … sono le aggettivazioni che fanno la differenza. Diceva Wilde che i petali di rosa possono sembrare gocce di sangue, oppure sono le gocce di sangue ad essere belle come petali di rosa.).   E’ questa oscillazione tra reale e visionario - la creazione di una indefinizione tra ciò che è e ciò che potrebbe essere - il senso stesso dell’operare artistico, sia che si sviluppi nelle gallerie e nei musei sia che si manifesti sui muri delle nostre strade o sugli schermi dai nostri video e dei nostri computer.

“Libera l’artista che è in te”: scuola d’artista, non di manualità d’artista ma di pensiero d'artista.                                                                                               Arch. Mariarosaria Arena

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